Quando si parla di riservatezza dei dati personali, e più in generale di sicurezza informatica, il fattore umano è quasi sempre quello cruciale. Sembrerà una banalità, ma di fronte a un utente ingenuo o impreparato qualsiasi tecnologia di “protezione” è destinata a fallire miseramente. Il sito nextgov riporta una storia esemplare a riguardo: un docente universitario di informatica, M. Eric Johnson, ha recuperato migliaia di dati sanitari di cittadini USA direttamente dai loro dischi rigidi, usando nient’altro che un comune programma p2p. Tutte le malcapitate vittime di questo “furto” di informazioni avevano mal configurato il proprio client di filesharing, rendendo accessibile a chiunque l’intero disco rigido del PC. Poichè i file condivisi vengono indicizzati sui server p2p in base al nome, basta inserire le parole chiave giuste nella maschera di ricerca di un software come aMule e andare a pesca, accedendo a uno sterminato sottosuolo di informazioni di ogni tipo.
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